Quella che vedete in apertura è la prima schermata di una ricerca immagini di Google su Martina Colombari. E’ evidente quanto sono diverse dalla rappresentazione di sé che presentava nelle sue foto in mostra a Fotografica.
Per chi si fosse perso la vicenda provo a riassumerla: qualcuno (diciamo Canon/Benedusi/Forma) chiede alla modella-non-fotografa di preparare un lavoro su sé stessa. Opportunamente istruita la Colombari inizia a farsi foto diverse da quelle per cui posa di solito e si instrada verso degli autoritratti più introspettivi. Il tutto senza avere delle basi fotografiche né tecniche né artistiche. L’esposizione di queste foto a Forma scatena un dibattito di cui ancora fumano i fuochi. Le tracce più importanti le potete trovare sul blog di Settimio Benedusi 1 e 2 (curatore dell’esperimento) e su quello di Sara Lando (186 commenti al momento in cui sto scrivendo) ma non si contano articoli su siti di vario spessore, per lo più con commenti polemici al seguito.
Ovviamente non sta a me rispondere o spiegare (trovo che nel post di Benedusi le cose siano già dette con una certa chiarezza).
Tuttavia ne approfitto per buttar giù due riflessioni.
I commenti scandalizzati si dividono soprattutto in due tipologie.
1) “ma perché avete fatto fare le foto alla Colombari e non a qualcuno che non fosse famoso?” e anche “ma perché non avete esposto un fotografo esordiente invece che una modella che non è e non vuole essere fotografa?”
Tutto nasce dalla considerazione che con le macchine fotografiche oggi a disposizione anche una scimmia riesce a fare delle foto tecnicamente perfette. Sbagliare l’esposizione o la messa a fuoco è assai difficile e tutto quello che si dovesse sistemare si può fare con Photoshop. Da qui la domanda: cosa rende diverse le foto “migliori”?
Questo concetto Benedusi lo sta portando avanti da un po’ soprattutto nelle foto di Max casting. Proprio in quella rubrica dovrebbero uscire a breve delle foto realizzate da Magena, una giovane modella a cui è stato chiesto di ritrarsi da sola con la webcam(!) seguendo le indicazioni di Benedusi. In questo caso le foto sono, a parer mio, ancora migliori. Eppure non solo mancava una “vera macchina fotografica” ma mancava anche il fotografo sul set. Restavano però un’idea e una storia sincera. La forza dell’idea, la sincerità diretta delle imamgini travalicano la debolezza dei mezzi e della tecnica. Il concetto in sé è valido, l’applicazione alle singole foto si può discutere volta per volta.
2)“quelle foto sono indegne di essere esposte lì” ovvero “Forma ha dichiarato che quella è arte e io non ci sto”
Qui c’è una confusione di fondo fra Forma e Fotografica (ovvero Canon) che sicuramente ha avuto il suo ritorno d’immagine esattamente come quando… ops, sempre la Colombari fu fotografata con una G9, questa volta però da Fabrizio Ferri. Ma anche quando sponsorizza il concorso “giovani fotografi” o qualsiasi altro evento, no? Ma al là del ritorno d’immagine che è innegabile (ma non per forza vuol dire mazzette e marchette) mi piace sottolineare come un paio d’anni fa, sempre allo spazio Forma, sempre in occasione di Fotografica, fossero esposte le foto di Camila Raznovich, anche qui, non esattamente un grande della fotografia contemporanea. Eppure non ricordo un decimo del clamore di questi giorni.
Facendo ancora un passo in avanti, sarei curioso di sapere quanti fotoamatori non sarebbero non dico scandalizzati, ma per lo meno in grossa difficoltà nel leggere le foto di Giovanni Chiaramonte. Cito Chiaramonte perché era anche lui ospite di Fotografica quest’anno. L’effetto di spiazzamento per alcune delle sue foto è indubbio, effetto che rischia di crescere anziché diminuire nel leggere le interpretazioni che vengono offerte.
Lo dico chiaro, non sto paragonando Chiaramonte alla Colombari. E lo ripeto anche: “non lo sto facendo”, perché non si ripeta l’equivoco di chi leggendo in fretta la presentazione ha pensato che Benedusi stesse paragonando la Colombari alla Woodman.
Però mi sembra che tanto con Chiaramonte quanto con la Colombari sia lo scarto tecnico-estetico rispetto alle foto “belline” dei fotoamatori o dei professionisti che genera le difficoltà di lettura. Impossibilitati a decidere sul piano della forma, rimane la difficoltà di affrontare dei contenuti, di distinguere l’insignificante dal significativo. Contenuti deboli nelle foto della Colombari (un po’ più forti a seguire gli esperimenti di Benedusi). Contenuti invece (eccessivamente?) forti nelle foto di Chiaramonte la cui spinta comunicativa si propone di andare ben oltre la banalità dell’oggetto rappresentato. Ma deboli o forti questi contenuti bisogna saperli leggere. Altrimenti è più facile leggere il nome di fianco alla foto: da un alto hai una modella e attrice televisiva che fa autoritratti col myspace angle. Dall’altra hai un docente universitario con un curriculum della madonna e pure una voce su Wikipedia. E allora il giudizio è presto fatto.
Nel già citato post su Chiaramonte, l’autore arriva a questa conclusione
Le fotografie degne di lettura non sono (almeno in questa presentazione) le immagini create a tavolino, o magari ampiamente ritoccate a computer che producono tanti “artisti” oggi. Sono invece…direi immagini “oneste”, mostrano qualcosa del mondo che ci circonda, cercano di farci notare o capire qualcosa.